Saturday, May 26, 2012

Paolo VI e la lingua latina

Dalla Lettera Apostolica Sacrificium Laudis (15 agosto 1966), di Papa Paolo VI, uno dei papi del Concilio Vaticano II:

«Siamo venuti a conoscenza che nell'uffizio di Coro si vanno richiedendo le lingue volgari e si vuole ancora che il canto, cosiddetto gregoriano, si possa qua e là sostituire con le cantilene oggi alla moda; addirittura da alcuni si reclama che la stessa lingua latina sia abolita. Dobbiamo confessare che richieste di tal genere ci hanno gravemente turbato e non poco rattristato; e sorge il problema donde mai sia nata e perchè mai si sia diffusa questa mentalità e questa insofferenza prima sconosciuta... Le cose che abbiamo sopra denunciato accadono dopo che il Concilio Vaticano II ha espressamente e solennemente pronunciato, sopra questo argomento, la sua sentenza... e dopo che norme chiare e precise sono state emanate»

«si riconferma quello stesso precetto e se ne adduce nel medesimo tempo la ragione del vantaggio spirituale dei fedeli ... Né poi qui si tratta solamente della conservazione della lingua latina - lingua che, lungi dall'essere tenuta in poco conto, è certamente degna di essere vivamente difesa, essendo nella Chiesa Latina sorgente fecondissima di cristiana civiltà e ricchissimo tesoro di pietà ma si tratta anche di conservare intatti il decoro, la bellezza e l'originario vigore di tali preghiere e di tali canti... Desta dunque meraviglia il fatto che, scossa da improvviso turbamento, quella maniera di pregare sembri ad alcuni ormai trascurabile... Quale lingua, quale canto potrà sostituire le forme della cattolica pietà, di cui finora vi siete serviti? Gli uomini desiderosi di ascoltare le sacre preghiere continuerebbero a frequentare così numerosi le vostre chiese, quando non vi risuonasse più l'antica ed originaria loro lingua, congiunta con un canto pieno di gravità e di decoro?» 

«Quelle preghiere, piene di forza e di nobile maestà, continueranno ad attrarre a voi i giovani chiamati al servizio di Dio; il Coro - al contrario - a cui si togliesse quel linguaggio che supera il confine di ogni singola Nazione che si fa valere per la sua mirabile forza spirituale, il Coro a cui si togliesse quella melodia che sale dal più profondo dell'animo - il canto gregoriano, vogliamo dire - sarebbe simile a un cero spento, che più non illumina, più non attira a sè gli occhi e la mente degli uomini... Non vogliamo, per il bene che vi portiamo, accordarviciò che potrebbe essere origine forse di non poco danno a voi stessi, e sicuramente indebolire e intristire la Chiesa tutta di Dio. LasciateCi proteggere, anche vostro malgrado, il vostro patrimonio...»