Saturday, October 17, 2009

La riforma liturgica

Testo tratto da una conferenza del Card. Alfons Maria Stickler tenuta a New York nel maggio del 1995



La riforma liturgica ha totalmente distrutto un principio teologico che, pure, era stato affermato sia dal Concilio di Trento come dallo stesso Vaticano II dopo una lunga e approfondita discussione, alla quale io assistevo per cui posso affermare che la chiara risoluzione maturata in una tale discussione è stata chiaramente e sostanzialmente riaffermata nel testo votato dall'Assemblea e che fa parte della Costituzione liturgica. Questo principio è che la lingua Latina deve essere conservata nel rito Latino. Esattamente come lo permetteva il Concilio di Trento, la lingua vernacola è stata ammessa limitatamente dai padri conciliari anche del Vaticano II solo come una eccezione.


Nella riforma di Paolo VI è diventata una esclusività che ha inoltre praticamente soppiantato la lingua Latina anche come eccezione. Le ragioni teologiche del mantenimento del Latino per la Messa, stabilite dai due Concili, appaiono ben giustificate alla luce delle conseguenze dell'uso esclusivo del vernacolo introdotto dalla riforma postconciliare. La Messa stessa è stata spesso volgarizzata dall'uso del vernacolo e anche gravi errori dottrinali o malintesi sono il risultato della traduzione del testo originale latino. In più, il vernacolo non fu permesso prima non solo nemmeno a persone che erano illetterate, ma anche a quelle che erano del tutto estranee le une alle altre. Ai nostri giorni le differenti lingue e anche i dialetti dei Cattolici di tribù o nazioni diverse possono essere utilizzati per il culto, mentre viviamo in un mondo che diviene di giorno in giorno sempre più piccolo: questa Babele nel culto pubblico ha per risultato la perdita dell'unità esterna in seno alla Chiesa Cattolica diffusa nel mondo intero che una volta era unita in una voce comune; proprio ora che si mette l'accento sulla vita comunitaria anche nel culto, si è abbandonata questa voce comune.In più: questa situazione è divenuta molte volte la causa di disunione interna in seno alla Messa, la quale doveva essere il centro ed anche l'espressione della concordia interna ed esterna dei Cattolici di tutto il mondo. Abbiamo molti esempi di questo fatto di disunione dovuta all'uso della lingua volgare.


Aggiungiamo un'altra considerazione di ordine assai pratico: una volta qualunque sacerdote poteva dire la Messa in tutto il mondo per tutte le comunità di qualunque lingua vernacola e tutti i sacerdoti comprendevano il Latino. Sfortunatamente ai nostri giorni nessun sacerdote può dire la Messa dappertutto. Dobbiamo ammettere che in qualche decennio, dopo la riforma della lingua liturgica, noi abbiamo perduto la possibilità di poter pregare e cantare insieme, anche nelle grandi assemblee comunitarie e internazionali come nei Congressi Eucaristici e perfino negli incontri con Papa che è centro e l'espressione di questa nostra unità interna ed esterna.


Finalmente dobbiamo considerare alla luce del Concilio di Trento con preoccupazione il comportamento di non pochi ministri sacri: questo Concilio ha sottolineato lo stretto rapporto che esiste tra il loro comportamento ed il loro sacro ministero. Il corretto comportamento clericale nel vestito, contegno ed atteggiamento incoraggia la gente ad accettare ciò che dicono ed insegnano i loro pastori. Sfortunatamente, il comportamento meno esemplare di numerosi sacerdoti fa oggi spesso dimenticare la differenza ontologica tra il ministro sacro ed il laico ed accentua una deplorevole disuguaglianza tra il sacro ministro e la sua natura come "alter Christus".


Riassumendo le nostre riflessioni possiamo dire che l'attattiva teologica della Messa tridentina fa riscontro alle deficienze teologiche della Messa uscita dal Vaticano II. Per questa ragione i "Christi Fidelis" della tradizione teologica devono continuare a manifestare in uno spirito di obbedienza ai Superiori legittimi il loro giusto desiderio e la loro preferenza pastorale per la Messa Tridentina.

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