Paolo VI celebrando la Santa Messa |
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9. Fratelli Venerabili, non mancano, proprio nella materia che ora
trattiamo, motivi di grave sollecitudine pastorale e di ansietà, dei
quali la coscienza del Nostro dovere Apostolico non ci permette di
tacere.
10. Ben sappiamo infatti che tra quelli
che parlano e scrivono di questo Sacrosanto Mistero ci sono alcuni che
circa le Messe private, il dogma della transustanziazione e il culto
eucaristico, divulgano certe opinioni che turbano l'animo dei fedeli
ingerendovi non poca confusione intorno alle verità di fede, come se a
chiunque fosse lecito porre in oblio la dottrina già definita dalla
Chiesa, oppure interpretarla in maniera che il genuino significato delle
parole o la riconosciuta forza dei concetti ne restino snervati.
11.
Non è infatti lecito, tanto per portare un esempio, esaltare la Messa
così detta «comunitaria» in modo da togliere importanza alla Messa
privata; né insistere sulla ragione di segno sacramentale come se il
simbolismo, che tutti certamente ammettono nella ss. Eucaristia,
esprimesse esaurientemente il modo della presenza di Cristo in questo
Sacramento; o anche discutere del mistero della transustanziazione senza
far cenno della mirabile conversione di tutta la sostanza del pane nel
corpo e di tutta la sostanza del vino nel sangue di Cristo, conversione
di cui parla il Concilio di Trento, in modo che essi si limitino
soltanto alla «transignificazione» e «transfinalizzazione» come dicono; o
finalmente proporre e mettere in uso l'opinione secondo la quale nelle
Ostie consacrate e rimaste dopo la celebrazione del sacrificio della
Messa Nostro Signore Gesù Cristo non sarebbe più presente.
12.
Ognuno vede come in tali opinioni o in altre simili messe in giro la
fede e il culto della divina Eucaristia sono non poco incrinati.
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infatti l'integrità della fede, è necessario anche serbare un esatto
modo di parlare, affinché usando parole incontrollate non ci vengano in
mente, che Dio non permetta, false opinioni riguardo alla fede dei più
alti misteri. Torna a proposito il grave monito di sant'Agostino quando
considera il diverso modo di parlare dei filosofi e del Cristiano: « I
filosofi, egli dice, parlano liberamente senza timore di offendere
orecchi religiosi in cose molto difficili a capirsi. Noi invece dobbiamo
parlare secondo una regola determinata, per evitare che la libertà di
linguaggio ingeneri qualche opinione empia anche intorno al significato
della parola ».(10)
24. La norma di parlare
dunque,che la Chiesa con lungo secolare lavoro, non senza l'aiuto dello
Spirito Santo, ha stabilito, confermandola con l'autorità dei Concili,
norma che spesso è diventata la tessera e il vessillo della ortodossia
della fede, dev'essere religiosamente osservata; né alcuno, secondo il
suo arbitrio o col pretesto di nuova scienza, presuma di cambiarla. Chi
mai potrebbe tollerare che le formule dogmatiche usate dai Concili
Ecumenici per i misteri della SS. Trinità e dell'Incarnazione siano
giudicate non più adatte agli uomini del nostro tempo ed altre siano ad
esse temerariamente surrogate? Allo stesso modo non si può tollerare che
un privato qualunque possa attentare di proprio arbitrio alle formule
con cui il Concilio Tridentino ha proposto a credere il Mistero
Eucaristico. Poiché quelle formule, come le altre di cui la Chiesa si
serve per enunciare i dogmi di fede, esprimono concetti che non sono
legati a una certa forma di cultura, non a una determinata fase di
progresso scientifico, non all'una o all'altra scuola teologica, ma
presentano ciò che l'umana mente percepisce della realtà nell'universale
e necessaria esperienza: e però tali formule sono intelligibili per gli
uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi. […]
Dall’enciclica Mysterium Fidei di Paolo VI, 3 settembre 1965
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